I Penzieri der Cassisa

La Poltrona senza posa

Un’altra cosa che mi torna spesso a mente è la poltrona preferita di mio padre.
Dopo una lunga giornata di lavoro era il luogo dove si rilassava, fumando le sue immancabili sigarette, guardando un po’ di televisione, leggendo il giornale, studiando il modo di fare tredici alla schedina o divertendosi a completare gli schemi della settimana enigmistica.

Se non era al lavoro, quando tornavo a casa lo trovavo lì. Un saluto al volo, “ciao babbo“, e mi fiondavo in camera mia. Era di poche parole lui, ci guardava con sguardo soddisfatto se tutto andava bene, o accigliato se qualcosa non lo convinceva, che riguardasse la scuola, le compagnie o i soldi che spendevamo a manate.
Alle volte, se c’era una partita da vedere o un bel film d’azione, guardavamo la televisione insieme, fumando, io passivamente, e bevendo un trinchino di Sambuca.

Ogni tanto, quando rientrava a casa, accingendosi ad accomodarsi sulla sua poltrona, dal salotto si innalzava un rosario di moccoli seguito dal classico rumore di mobili trascinati. Mia mamma, come periodicamente faceva, aveva cambiato la disposizione del tavolo, del tavolino, del divano e, ahimè, della poltrona, facendo imbelvire mio padre che, abitudinario com’era, non gradiva la nuova angolazione da cui avrebbe dovuto vedere la tivù. Sicchè, tra le risa mie e di mio fratello e le proteste di mia mamma, il salotto tornava rapidamente come era. Almeno fino alla successiva modifica.

Infiniti i ricordi legati alla poltrona, anche quando mia madre fece fare divani e poltrona nuovi, scegliendo accuratamente la stoffa dal tappezziere insieme a mio padre, non del tutto convinto. Sapeva cosa lasciava ma non quel che trovava. Nuova poltrona che sostituì degnamente e per sempre la precedente.
In ultimo, quando la sua malattia gli rese scomodo star seduto sulla sua poltrona, si trasferì sul divano, ma quando poteva tornava al suo posto.

Oggi mia mamma è libera di cambiare la disposizione del salotto e spostare la poltrona dove vuole, ma le mancano le imprecazioni di mio padre.
Per me è invece un’abitudine quando torno a casa dei miei a salutare mia mamma, fare capolino in salotto e dare uno sguardo alla poltrona, ormai vuota e silenziosa, che composta e presente mi ricambia il simbolico saluto.

La Poltrona senza posaultima modifica: 2018-02-17T10:19:29+01:00da
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