I Penzieri der Cassisa

La civiltà si ferma all’ingresso delle scuole italiane

L’educazione, la civiltà e il livello di evoluzione dell’uomo moderno si potrebbero studiare facilmente appostandosi quotidianamente di fronte agli ingressi delle scuole elementari italiane. In quei luoghi è possibile annotare un campionario di comportamenti che il caro Darwin avrebbe trovato preziosissimi per la sua famosa teoria. Luoghi certamente non affascinanti come le sue amate Galapagos ma, volendo, sarebbe bastato aprire una scuola inferiore per soli italiani anche su quelle isole incantate e il risultato sarebbe stato garantito.

Di fronte alle scuole italiane il famoso biologo britannico avrebbe dovuto rivedere la sua teoria sull’evoluzione della specie, magari aprendo un capitolo consistente sull’involuzione che la stessa sta affrontando in epoche più recenti.

La mattina, puntualissime in ogni scuola d’Italia, dalle Alpi alla punta inferiore dello zoccolo, orde di genitori determinati, son pronti per assolvere al primo impegnativo compito della giornata. Accompagnare i figli a scuola. Ma l’espressione “a scuola” non è precisa se non si sottolinea che per essa è intesa la scorta, rigorosamente mano nella mano, fin sopra l’ultimo scalino dell’ingresso con sganciamento del contatto, progressivo ma lento, che inizia con l’apertura della porta e termina quando il secondo piedino del bambino ha oltrepassato completamente la linea immaginaria. Sganciamento cui segue in automatico una raffica di baci soffiati e spinti con la mano verso il pargolo semiaddormentato ma bene imbacuccato anche in primavera perchè la mattina si sa … fa freschino. I bambini varcano così la soglia camminando all’indietro e salutando con la manina il genitore che altrimenti trascorrerebbe le ore che li separano dall’uscita della scuola con quell’ansia tipica dell’amante che si separa dalla sua donna in partenza lasciandolo solo e addolorato sul binario del treno.

Ma il rito della separazione fin sulla soglia d’ingresso della scuola è solo l’atto finale della tragedia giornaliera in cui i genitori, non me ne vogliano ma soprattutto le mamme, son costretti a separarsi da quel bambino amato che solo due minuti prima stavano sgridando con gli occhi di fuori e le vene gonfie sul collo, per non aver mangiato il biscottino ai quattro cereali o per non essersi agganciato l’ultimo bottone del cappotto che con la sciarpa avvolta a triplo giro non è fisicamente in grado di fare quel clic senza strangolare il malcapitato.

Il rito dell’accompagnamento prevede l’utilizzo dell’automobile anche se la scuola è vicina ed importante è che il mezzo sia grande, un suv, una jeep, un furgone, se possibile un tir. E’ lontana l’epoca in cui i bambini andavano a scuola da soli, accompagnati dal fratello più grande e raramente dal genitore, a piedi, per mano. Al massimo in bici, dietro, in piedi sul retro della Graziella con le mani sulle spalle del genitore. Adesso la specie si è evoluta e l’auto va ostentata. E quale occasione migliore della mattina fuori della scuola quando tutti, genitori e bambini, possono ammirare l’ultimo acquisto fatto per la sicurezza della famiglia. Certo, per la sicurezza, più il mezzo è grosso e più e sicuro. Nel futuro prevedo mamme con l’elmetto alla guida di splendidi carri armati, senza cannone ma con ben visibili quattro frecce lampeggianti.
Nella ventina di minuti successiva all’apertura del cancello di fronte alla scuola scoppia il caos. Le auto parcheggiate ovunque, sui marciapiedi, in doppia fila, davanti al cancello o alle altre auto in sosta che se devono malauguratamente uscire devono aspettare “un minutinooooo” che la mamma di turno finisca di baciare il bambino finchè non gli scompare dalla vista e niente importa se te per caso devi andare al lavoro e vorresti poter uscire. Niente importa a queste impavide mamme pronte a scendere in piazza se il bambino subisce un rimprovero o a farvi telefonare dall’avvocato se il vostro bambino si è permesso di dire gentilmente all’odiosa compagnetta saputina che ama far la spia alla maestra di “non rompere i coglioni”, che la loro auto parcheggiata sul marciapiede con le inutili quattro frecce accese costringe gli altri bambini a camminare in mezzo alla strada.
Mamme tirate a lucido come se andassero alla prima della Scala con bambini perfetti, pettinati e ben vestiti in una mano e l’immancabile, orripilante, trolley a traino nell’altra.
Auto posteggiate ovunque da gente incapace di guidare, di manovrare e di uscire poi dal groviglio da loro stesse creato. Groviglio che tocca il massimo nei giorni di pioggia, quando la gara è a posteggiare più vicino possibile e la ressa prosegue fuori dalle auto, all’esterno, dove una moltitudine di ombrelli e ombrellini multicolore si scontra fino quasi in classe. Non succedesse mai che una goccia d’acqua colpisse il bambino di cristallo.

Osservare questo delirio quotidiano è quasi divertente e sintomatico dello stile di vita moderno.
I bambini, iperprotetti, incapaci di muoversi da soli in nessun luogo che non sia la loro ipertecnologica cameretta colorata.
Genitori il cui unico scopo della loro vita è vivere anche quella dei figli.

Una volta consegnati sani, salvi e puntuali i figli a scuola, le mamme rientrano lentamente ai loro programmi, che consistono spesso in una mezz’oretta di chiacchiere di fronte alla scuola, scambiandosi aneddotti, consigli, pareri sulla vita scolastica dei figli ma soprattutto sentenziando decise sull’operato delle maestre, sul programma ministeriale controllato su internet e su quanto sia scandalosamente severo il maestro che riempe i pargoli di lezione e si permette anche di dare un brutto voto quando poverino, il mì bimbo, non è riuscito a finirla tutta.

Sono anni che porto i miei figli a scuola cinque minuti dopo la fine della ressa, sul filo di lana, un secondo prima della chiusura del cancello, per evitare tutto questo. E sapeste che bellezza evitarsi questo carrozzone quotidiano di amorevole isteria.

Mentre al Ministero stanno meditando di rendere obbligatorio l’accompagamento dei figli anche alle medie, follia pura, io ripenso ai miei tempi … quando me ne andavo a scuola da solo, a piedi, con fermata all’alimentari vicino a casa per farmi fare una bella schiacciata ripiena di salame e una manciata di caramelle alla menta “pip”. E lungo il percorso spesso incrociavo qualche compagno e facevamo il tratto di strada insieme.
Bei tempi Darwin, la tua teoria va rivista caro mio.
Qui ci si evolve poco, lentamente, quasi a livelli di regressione.

La civiltà si ferma all’ingresso delle scuole italianeultima modifica: 2018-01-16T19:45:35+01:00da
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