I Penzieri der Cassisa

La catapecchia [fuga in mezzo al bosco]

Dunque, oggi vi propongo un bell’esercizio facile facile che vi potrà essere di aiuto quando vi sale quella impellente voglia di scrivere ma non sapete da che parte cominciare. E’ un giochino adatto a stimolare la scrittura creativa e consiste nel prendere un libro a caso, aprire una pagina e annotare la prima parola che vi salta all’occhio. Ripetete questo per dieci volte fino a ottenere una lista di dieci parole con cui potete cimentarvi inventando una storia che le contenga tutte.

Stamani io l’ho fatto. Ho preso il libro “Lui e Lei” di Andrea De Carlo, estratto le dieci parole e questo è ciò che ne è uscito.
Buona lettura ma soprattutto, Buona Scrittura !!

moto / portone / vestiti / lenzuola / catapecchia / noia / cavolo / vacanze / nocciola / sms

Alla fine del sentiero notò una catapecchia posta sul lato sinistro del piccolo spiazzo in cui pareva terminare la piccola via sterrata che stava percorrendo da circa un’ora. Piccola, costruita in legno da qualcuno che sapeva adoperare le mani utilizzando ciò che aveva a disposizione, emanava un calore reso ancora più affascinante dal luogo in cui sorgeva. Nessuna indicazione portava ad essa e il viottolo privo di segnali che aveva percorso l’aveva portato lì casualmente. Una speranza si accese nella sua mente sconvolta dalla consapevolezza di essersi perso e il terrore di non uscirne vivo.

Era riuscito a seminare il tipo in moto che lo inseguiva ma la sua fuga non poteva durare in eterno, almeno fino a quando non fosse uscito dalla fitta vegetazione in cui si era cacciato e non avesse trovato un luogo sicuro ove rifugiarsi.

Ancora nelle orecchie risuonava forte l’eco delle minacce del suo inseguitore mentre correva a perdifiato in mezzo ad alberi e cespugli che si facevano sempre più fitti e gli spari che ne seguirono accesero il lampo della certezza che la sua vita adesso dipendeva dalle sue gambe. “Chi si ferma è perduto” gli diceva sempre suo padre ma mai avrebbe potuto immaginare di dover applicare alla lettera questo lungimirante proverbio. Curioso come nei momenti in cui poco spazio resta alle divagazioni, la mente sia capace di concedersi il lusso di soffermarsi su ricordi, frasi, scene, anche divertenti, che poco hanno a che fare con la realtà del momento. Rifiutandosi di fermarsi per prendere fiato, rassicurato dall’assoluto silenzio intorno a sé, procedette a passo sostenuto accompagnato dal solo rumore delle sue scarpe e dal respirare affannato che lentamente tornava alla quasi normalità. Procedette senza alcun riferimento, convinto che il bosco, adesso meno affascinante di quando vi si avventurava per svago durante le sue vacanze sulle dolomiti, sarebbe terminato prima o poi. In fondo non era immenso il verde in quelle zone. O almeno così sembrava costeggiandolo in auto sulla provinciale. Un suono improvviso giunse dalla sua tasca sinistra, un tintinnio come di vetro infranto che lo scosse dai suoi pensieri. Aveva ricevuto un sms e questo significava, cosa importante, che aveva raggiunto un punto in cui c’era un briciolo di segnale che rendeva utilizzabile il suo cellulare. Colse questa novità come un’ottima occasione per fare una sosta e per prendere coscienza della situazione che lo vedeva solo, perduto in un bosco che pareva senza sbocco, inseguito (forse) da un pazzo omicida, senza meta e senza possibilità di chiedere aiuto. Estrasse dalla tasca il telefono accorgendosi subito di due particolari, a questo punto, di vitale importanza : che il segnale non c’era più e che la batteria si stava esaurendo. “Cavolo !!” gridò rompendo il silenzio intorno a sé e pentendosene subito per la paura che il suo inseguitore, ovunque fosse, potesse individuarlo. “Cazzo !!” ripetè sottovoce concedendo un’eccezione alla sua rinomata imperturbabile classe, dovuta all’indiscutibile situazione di emergenza. Aprì il messaggio di testo : “che ne diresti di rompere la noia di queste giornate con una bella passeggiata ? Ti aspetto. Fammi sapere.” seguito da una fila di faccine col bacino e cuoricino. Era lei con il suo proverbiale tempismo, a proporgli una passeggiata per rompere la monotonia che la attanagliava da sempre, ovunque e non con chiunque. “Una passeggiata ? Si, aspetta, mi cambio i vestiti, mi metto qualcosa di più comodo, dato che sono in un bosco in fuga con scarpa bassa tutta infangata e pantaloni eleganti strappati al ginocchio. Che forse vanno anche di moda così adesso” … si sorprese a commentare sarcasticamente ad alta voce ma non pote’ rispondere, il segnale non c’era e l’sms ricevuto era salito al volo su un briciolo di linea che passava di là per caso e che era volata via.

La catapecchia giungeva come un’oasi in mezzo al deserto. Aveva un aspetto accogliente, anche se in una situazione del genere avrebbe trovato accogliente anche un cassonetto dell’immondizia come segno di civiltà (o inciviltà, la differenza è poca), e pur nel silenzio più assoluto, dava l’impressione di essere abitata. La finestrina vicino al portone chiuso aveva gli scurini aperti ma due tendine di tessuto grezzo impedivano la vista del suo interno. Il color nocciola degli infissi in legno donava molto all’aspetto della casina ma ciò indicava anche una cura certamente non tipica di una capanna abbandonata. Alcuni attrezzi da lavoro erano poggiati sul fianco laterale accanto a una catasta di legna tagliata e ben ordinata sotto una piccola tettoia sulla quale riposava incurante di tutto, un gattone dal pelo lungo che, massimo sforzo concesso, aprì un’occhio dedicandogli solo qualche secondo del suo sguardo assonnato. Evidentemente un gatto abituato all’uomo, o almeno, pur standosene volentieri da solo, che non lo teme.
C’è nessuno ? Qualcuno può aiutarmi ?” gridò a bassa voce, per quanto sia possibile farlo. Ancora tanto era il timore di essere inseguito e di fornire pericolosi indizi alzando la voce per cui in silenzio avanzò lentamente e, facendosi coraggio, bussò alla porta. Toc toc …. nessuna risposta, nessun rumore giungeva dall’interno … toc toc toc … ritentò scoraggiato. Niente.
Non se la sentiva di proseguire la fuga, qualcuno doveva pur esserci, ne era convinto, o forse era ciò che sperava così tanto da non ammettere il contrario. Appoggiò lentamente la mano sgraffiata sulla maniglia e il suo pensiero divagò ancora pensando alla camicia costosa che aveva indosso, rovinata dai rami durante la fuga. Abbassò piano e con meraviglia si accorse che la porta si apriva. La spinse lentamente buttando gli occhi all’interno “ è permesso ? c’è qualcuno ? posso entrare ?” pronunciò a mezza voce con un tono impaurito. Ancora una volta non ottenne alcuna risposta. La sua educazione, pur in una situazione così estrema, gli impediva di entrare consapevole che stava aprendo la porta di una abitazione, piccola, di legno e sperduta nel bosco ma pur sempre il luogo in cui qualcuno risiedeva. Comunque una proprietà certamente privata.
Con la mano incollata alla maniglia, spinse ancora un po’ la porta e nella penombra i suoi occhi scorsero quella che pareva essere una figura stesa su un letto, avvolta da delle lenzuola bianche. Sta dormendo ? Chi sarà ? Possibile non senta la mia voce ? Non ha alcun timore di dormire con la porta aperta in un luogo così isolato ? Una sfilza di domande si affollarono nella sua mente mentre si fece coraggio e introdusse il primo passo all’interno della casetta, lasciando la porta accostata dietro di sé. “mi scusi !” … pronunciò deciso a voce bassa … “non vorrei disturbarla ma ho bisogno di aiuto, mi sente ?”. La figura parve risvegliarsi come animata di colpo da un tasto di avvio e si mosse per nulla sorpresa. Scostando le lenzuola lo guardò con quello che nella penombra sembrava un sorriso : “vieni, ti stavo aspettando “.

La catapecchia [fuga in mezzo al bosco]ultima modifica: 2017-10-20T11:46:18+02:00da
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