I Penzieri der Cassisa

La Guerra degli Hashtag

Sono sempre più convinto che questa società incentrata sui social stia impoverendosi sempre più e sempre più velocemente.
Ne ho riprova ogni giorno e non solo trascorrendo del tempo sui social, ma anche semplicemente assistendo ai dialoghi tra persone in cui, dopo la stretta di mano si commenta ciò che è stato scritto o postato su Facebook.

Son fuggito da Facebook (leggi qui) dopo tanto tempo in cui ho provato ad utilizzarne ciò che mi pareva interessante, quando mi sono reso conto che per me quasi nulla era più interessante. Frequento ancora Instagram, dato che per me è un social inoffensivo, in cui posto le foto che ritengo importanti e degne di restare a futura memoria, condividendole e condividendo solo quelle che ho voglia di condividere, tenendomi per me quello che non lo sono. Leggo quasi quotidianamente Twitter perchè, non essendo un vip dalle migliaia di followers, posso ancora permettemi di leggere ciò che mi pare, retwittare ciò che voglio senza quasi sollevare polvere. Tuttavia anche questo social si sta facebookizzando e talvolta, sfuggendomi un commento ad un tweet di un guru o di una infallibile wonder woman, capita di urtare la suscettibilità del genio di turno. Ciò non è tollerato perchè twitter ha un che di snob alle sue origini che fa sentire i suoi più antichi frequentatori come membri di una elite di persone colte, spiritose, ironiche, sasrcastiche, intoccabili, ingiudicabili. Guai subire un’interazione che non sia un cuoricino o un muto retweet. A chi osa commentare, se non gradito, scatta la reazione scomposta.

Per questo odio i social.
Per la loro assoluta ipocrisia e asocialità. Tutto bene fino a quando siamo tutti d’accordo. Apriti cielo quando qualcuno esrprime ciò che pensa e non è in linea col pensiero altrui.
Metti in piazza i cazzi i tuoi e ti offendi se nel mare magnum del web incontri qualcuno che non la pensa come te ? Allora è evidente che non hai capito il senso del convivere virtualmente su un social network. E purtroppo così ragiona la stragrande maggioranza degli utenti.

La cosa deprimente è che ciò che popola i social network è diventato la cartina tornasole della società italiana, così sui giornali si legge ciò che avviene sui social, in televisione si commenta quello che circola in rete e le cose serie della nostra epoca si combattono a colpi di hashtag, convinti che ciò serva a qualcosa di concreto.

Un esempio ?
La questione che vede protagonista in questi giorni l’attrice Asia Argento. La figlia del noto regista horror dopo una vita decide di denunciare una presunta (dico presunta perche io non c’ero e a parole sono tutte vittime e tutti innocenti) molestia sessuale subita da parte di un produttore non denunciata nell’immediatezza e sfociata poi in una serie di incontri consenzienti atti a non pregiudicare una carriera appena sbocciata.
Lungi da me il desiderio di entrare nel merito di una questione così delicata da dedicargli solo le poche righe di questo articolo, ma la cosa che non sopporto più è vedere che in Italia il tutto viene affrontato a colpi di hashtag. I social si sono scatenati, così il nome del produttore fa il giro del mondo, attrici famose molestate spuntano come funghi, uomini e donne che si dividono tra pro e contro Asia Argento, focalizzando come nocciolo della questione il fatto che l’attrice abbia taciuto e acconsentito per fare carriera.
Così la solerte blogger di turno conia l‘hashtag che la rende celebre invitando a taggare con l’etichetta #quellavoltache i racconti delle molestie subite, perchè, dice, vergognarsi di denunciare le molestie subite per il timore delle reazioni che ciò provoca, fa parte della violenza stessa.
Di colpo i social recepiscono e centinaia di brevi storie in 140 caratteri (280 per i più belli) e dettagliati racconti su Fb, descrivono a pioggia molestie subite da quando la mente ricordi al giorno d’oggi.
Ne ho voluti leggere alcuni e devo dire che il minestrone di testimonianze non fa altro che svilire un argomento così importante che andrebbe affrontato e risolto una volta per tutte, a livello governativo però. Non certo a ridicoli, patetici, stucchevoli colpi di hashtag.
Deprime leggere tweet di donne che raccontano che a sei anni un bambino le ha toccato il sedere, insieme a chi racconta che il poliziotto alla denuncia di uno che le ha fatto un fischio per strada le ha risposto embè ?
Donne che non avendo nulla da raccontare dichiarano di essere costrette a cambiare marciapiede per la paura di essere molestate. Pur di partecipare alla campagna di sensibilizzazione, se non si ha nulla da raccontare o se non si ha voglia di renderlo pubblico, si entra nel fantascientifico.
Questa società mi fa cadere le braccia. Se esprimi qualche dubbio o se non ti commuovi a leggere certe cazzate automaticamente vieni etichettato nel peggiore dei modi.

Noi (io e quelli che la pensano come me) vorremmo vedere uno stato governato da gente seria e determinata che di fronte a certe problematiche, le affrontasse, le proponesse, le rimettesse al voto e le facesse applicare senza indugio. E’ un utopia ? Purtroppo sì. Almeno fino a quando le problematiche che stanno affossando il nostro presuntuoso paese saranno affidate alle tendenze degli hashtag mentre i nostri politici se la godono mantenuti, panciuti e sorridenti.

Le molestie nel mondo del lavoro esistono da sempre, così come è sempre esistito chi utilizza il proprio corpo per fare carriera a scapito di chi (magari di sesso maschile) non ha nulla da offrire al di fuori della propria competenza. La violenza sulle donne esiste così come esiste quella sugli uomini. Gli stupri esistono così come esistono le false denuncie per stupro.
Tutto questo è uno schifo che va risolto sul serio e non su twitter.

Quando lo capiremo forse sarà troppo tardi.

Io, per quel che vale, nel frattempo mi dissocio e ricordo #tuttequellevolteche sono stato penalizzato per avere affrontato qualsiasi cosa solo ed esclusivamente con le mie mani, con la mia testa, con le mie forze, troppo deboli rispetto ad altri mezzi sporchi.
In attesa che gli italiani si sveglino e decidano che non è bello legittimare col proprio voto politici corrotti solo per farsi mantenere i privilegi. Perchè questo è. Pensiamoci.

La Guerra degli Hashtagultima modifica: 2017-10-15T12:04:38+02:00da
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