I Penzieri der Cassisa

Quella ragazza che leggeva il libro sulla panchina

E proprio in questi giorni mi torna a mente quell’estate del 1992 quando decisi di raggiungere la mia fidanzatina in trentino per una vacanza “montanara“, interrompendo le mie infinite ferie elbane tra spiagge, amici e divertimento nella nostra casetta di Rio Marina.
Conoscevo le dolomiti e la Val di Fassa per esserci già stato con la mia famiglia e con la parrocchia anni prima. Lei mi aspettava a Pozza di Fassa dove aveva una casa e dove era cresciuta quando con suo padre vi si rifugiavano nei periodi brevi o lunghe di vacanze, ponti o anche semplici fine settimana. Lì incontrava la sua nonna, le sue zie e i suoi cugini che vivevano tutti vicini nello stesso condominio (condominio da non intendersi come agglomerati di appartamenti tutti appiccicati tipici delle città) e trascorrevano momenti spensierati e felici.
Avevo ascoltato spesso i suoi racconti e già mi pareva di conoscere i suoi luoghi del cuore.
Quell’estate mi torna a mente perché era il periodo classico in cui le giovani coppie son costrette a separarsi dalla quotidianità cittadina in cui possono vedersi tutti i giorni, per seguire le famiglie nei luoghi di ferie estive, con tutti i “pericoli” che comportano per la stabilità dei giovani rapporti amorosi.
Io ero all’elba a sguazzare nelle acque fresche delle mie spiagge preferite con gli amici di sempre, mentre lei era sui suoi monti a godersi parenti e amici passeggiando a piedi o a cavallo. Divisi da centinaia di chilometri ma uniti col pensiero e un po’ di preoccupazione nella speranza che nel frattempo niente e nessuno si frapponesse fra noi. I cellulari non esistevano, o almeno non erano nell’uso comune dei ragazzi dell’epoca, per cui aspettavamo i nostri consueti appuntamenti telefonici dalle cabine del posto, muniti di schede e gettoni per raccontarci le nostre giornate. Oltre ovviamente a scrivere delle lunghe e dettagliate lettere che nel frattempo ci scambiavamo e che si incrociavano a mezza via mentre una saliva e una scendeva.
Lei continuava a chiedermi di raggiungerla sui monti e trascorrere una settimanella insieme. A me l’idea piaceva ma da un lato stavo bene al mare e facevo fatica ad allontanarmi dai luoghi che attendevo tutto l’anno,  dall’altro la strada da fare era tanta e con la mia mitica Y10 non era una passeggiata.
Alla fine mi convinse e io la raggiunsi munito di carta stradale e appunti utili a raggiungerla (il navigatore, inutile che ve lo dica, al tempo era un marchingegno inimmaginabile). Partenza all’alba dal porto di Rio Marina e via su per l’italia.
Ricordo ancora la sosta per il pranzo in un autogrill, poco prima dell’uscita di Egna/Ora, in cui un panino con lo speck mi impressionò per la sua bontà. Tipico di quei luoghi non era il panino preferito di un giovane pisano che tra salsicce crude, mozzarella, mortadella e schiacciatine con la cecìna, non aveva mai assaporato uno speck così gustoso.
E mi tornano a mente i paesaggi che mi accompagnarono nello splendido tratto di strada dall’uscita dell’autostrada e l’arrivo a Pozza. Non ero abituato all’alta montagna in estate e ogni cosa mi incuriosiva e affascinava.
Raggiunsi senza difficoltà la mia destinazione e salendo la strada che porta agli impianti di risalita del Buffaure, vicino ai quali era il luogo del nostro tanto atteso appuntamento, la vidi. Seduta sullo schienale di una panchina di legno lungo la strada che leggeva un libro con i capelli lunghi e sciolti e i suoi pantaloncini rosa corti.
Affiancai sul bordo della strada, ci salutammo emozionati e sorridenti prima di risalire sulla macchinina verde metallizzata che ci accompagnava durante l’anno e ripartire alla volta del vicino campeggio. Eh sì, perché è lì che alloggiai quella settimana. In una piccola tenda con un sacco a pelo e la pesante coperta blu della marina militare sotto le montagne della val di fassa.

Oggi siamo in quattro a godere di quei bei paesaggi. Gli anziani non ci sono più, l’età avanza ma i ricordi ad inumidire gli occhi e far battere il cuore come venticinque anni fa son sempre nitidi.

Bei mì tempi, mi verrebbe da dire ma poi guardo i miei figli e dico : ora tocca a loro ed è la loro felicità  a farmi felice. Insieme a quella bambina che 25 anni fa mi aspettava seduta con un libro in mano.

 

Quella ragazza che leggeva il libro sulla panchinaultima modifica: 2017-08-17T09:53:33+02:00da
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