I Penzieri der Cassisa

PISA capoluogo di provincia

Purtroppo il Governo Monti, nella meritoria opera di risanamento dei conti pubblici, ha operato, in materia di assetto istituzionale ed amministrativo dell’Italia, delle scelte infelici e tecnicamente sbagliate. Com’è noto, le Province italiane “consumano” solo il 2,8% del PIL contro l’oltre 25% delle Regioni. Che hanno sì compiti maggiori, ma nel tempo sono diventate vere e propri costosissimi centri di potere a disposizione di mala politica. Non è un caso infatti che dalla loro attivazione nel 1970 il bilancio statale sia andato progressivamente a picco. Per la Regione Toscana, solo nella ASL di Massa, i debiti di questa ammontano ad oltre 400 milioni e lo scandalo è in corso. Pertanto, pur nelle buone intenzioni di questo Governo, l’abolizione delle Province è profondamente ingiusto, storicamente impossibile.

Nel caso della Toscana poi è indispensabile maggior riguardo verso la Storia, le Tradizioni ed anche valutazioni economiche e sociali. Peggio che peggio, valutare l’accorpamento secondo criteri di freddi e iniqui parametri. Prendiamo il caso di Pisa: comune capoluogo assai più ricco economicamente di quello di Livorno, sede di tre Università, eccellenza ospedaliera, polo Museale e Artistico Unesco, polo ferroviario da 15 milioni viaggiatori/anno, Aeroporto Internazionale da oltre 5 milioni di viaggiatori, due Poli Scientifici. Senza contare che il territorio dell’attuale provincia di Livorno è tale solo dagli anni del fascismo, mentre prima era tutto territorio pisano, fin dai tempi dei tempi. Numericamente il Comune di Pisa ha meno residenti rispetto a quello di Livorno (che è molto più povero – bastano i dati sui depositi bancari) che, oltre al Porto – in grave crisi – non offre altro. Pisa ha un’area metropolitana di oltre 200 mila abitanti. Riteniamo un insopportabile sopruso e un inaccettabile modus operandi quello in atto che vede già stappare le bottiglie di spumante a Livorno per voce del locale Presidente della Provincia Giorgio Kutufà. Ci auguriamo che TUTTI i nostri politici (locali e nazionali) possano rimettere le cose a posto secondo la naturale ed evidente scala di valori – quanto inoppugnabil e- che, nel nostro caso, di chiama Pisa!

[cit. Fabio Vasarelli]


Aggiungo e cito da Rudolf Borchardt, giusto per rendere l’idea a chi gioca al piccolo conquistatore tagliando, aggiungendo, accorpando e fondendo comuni e province senza tenere conto anche del passato, della tradizione, della storia che non va perduta nè dimenticata : 

“Tre volte sulle rive del Mediterraneo compare il nome Pisa: e sempre là dove due fiumi, Arno Serchio, Alfeo e Cladeo, e due rami dell’Ebro o quale altro fiume fosse di Spagna, si univano a delta per formare un’erbosa pianura.Prateria dunque, o delta, significò quel nome in qualche lingua antichissima di popoli antichissimi e scomparsi, che molto tempo prima dell’invasione indo-europeapopolavano la Spagna, l’ Italia e la Grecia; e i cui toponimi, generalmente conservatidai loro discendenti Iberi, furono talvolta, dai sopraggiunti Italici e Greci, tradotti nelle proprie lingue. Così Pisa fu detta Olimpia quando prese vigore il culto di Zeus oracolo olimpio, mentre il contado intorno serbava ancora l’antico nome di Pisatide: Invece- e non senza profonda ragione-questa che è LA PIù ANTICA CITTà MADRE D’EUROPA , serbò sempre saldo il nome ibero-ligure datole dai suoi fondatori, e quel nome rimase sulle labbra e nel cuore di tutti i loro tenaci nipoti.Pisani rimasero, e non si fecero Etruschi, malgrado la valanga rasenica;pisani furono, e non italici,malgrado l’invasione indo-europea; ne si germanizzarono nonostante le calate dei Longobardi e dei Franchi.Pisani rimasero, e non divennero Toscani, resistendo alle istanze appassionate del secolo guelfo e nazionale; così come mai si erano lasciati romanizzare, ad onta della guarnigione romana, del pretorio, del circo e dell’impero.SE C’è UN POSTO AL MONDO DOVE DA UN NOME SI PUò LEGGERE LA STORIA, è QUESTO, PISA. Incompresa, anzi odiata, senza cercare comprensione, senza averne bisogno ne desiderio, poggiata su millenni di arcaica grandezza che la legano via mare ai Fenici e ad altri popoli navigatori di cui è andato sommerso il ricordo, prima che sorgano le rocche contadine del Tevere e i fondacho attorno al ponte fiesolano, Pisa volge le spalle all’Italia con spirito sidonio e cartaginese e si cerca un impero sul mare, dal quale a lei venne una morte tragica, sidonia e cartaginese.Cartagine oltre la morte patì l’invettiva poetica di Lucrezio,e Pisa quella, celebre, di Dante, che sopportò stoicamente quasi estrema corona.Ma prima che fossero abbattute le sue torri e il suo porto venisse inghiottito dalla sabbia,si era espressa con tale potenza di forme davanti agli Dei e agli uomini, che la stessa carnefice di Corinto, e tanto meno la bramosia di vendetta dei fiorentini, mai osarono toccare la sacra cerchia delle sue mura.”

 

Il comunicato della Curva Nord di Pisa

Increduli, ci troviamo ad affrontare un argomento che avremmo creduto
di trovare soltanto in un film comico, o al massimo, e tenete conto
che nella sua pluriennale storia non ci ha mai pensato, sul
Vernacoliere. Ma dove non arrivano comicità e satira, ecco il Governo
dei professoroni, che non potendo reprimere più niente (in Italia è da
anni caccia all’uomo su fumo, alcool, ultras, movida ecc..) si dedica
adesso alla distruzione di ogni buon senso, di ogni tradizione, di
ogni sentimento. Ci sono mille motivi per considerare fuori dal mondo
l’ipotesi di accorpamento delle province di Pisa e Livorno, con
preminenza della seconda sulla prima. Sono motivi di ordine sociale ed
economico, di stampo culturale e storico, entrano in campo tradizioni
e numeri, ma anche laddove il governo sbagliasse i conti su ognuno di
questi elementi di valutazione, trascura, con evidente piacere e con
un taglio ancora una volta ideologico, il lato irrazionale ed emotivo,
tutto ciò che non è quantificabile, non è inseribile in una ricerca di
mercato, non è vendibile o acquistabile. Nel nostro evidente “no”
potremmo considerare la storia: come fa una Repubblica Marinara, una
comunità famosa nel mondo, a dover dipendere amministrativamente da
una realtà che vive di luce riflessa, che è conosciuta prima come
appendice e adesso per il ruolo di “rivale” storica. Potremmo poi
considerare il sociale: la migrazione, anche quotidiana e pendolare, è
tutta in un senso. L’Università è a Pisa, il lavoro, in tanti casi,
sempre a Pisa, i locali sono a Pisa, e così via. Chiedete ad un
ragazzo livornese gli orari dei treni per Pisa e ve li snocciolerà a
memoria, il pisano, di come andare ad Ardenza, non ne ha idea, e
addirittura si vuole creare un flusso contrario, con il cittadino
disorientato costretto ad andare da Pisa a Livorno per fare un foglio.
Potremmo ancora richiamare alla memoria i numeri: la Provincia di Pisa
è più grande di quella di Livorno, come abitanti ma anche a livello
“ideale”, abbracciando paesi e località lontane, che già hanno
faticato per crearsi un’identità “pisana” e che adesso diventerebbero
amministrativamente “apolidi”, figli di nessuno: troppo distante
Livorno in termini chilometrici ma anche in sensibilità, una città
concentrata su mare, commercio e porto alle prese con politiche
agricole o valorizzazione storico-culturale. Potremmo infine
soffermarci su tutte le implicazioni pratiche, in termini di danni di
immagine e perdita di prestigio: basta osservare con quanta verve i
cugini si sono lanciati sull’argomento, “labronicizzando” sui social
network ogni simbolo della pisanità, dalla Torre, al Duomo, ai
Lungarni. L’idea della bandiera amaranto che sventola sui nostri
simboli tanto invidiati è goliardica ma sa anche di rivalsa, proviamo
ad immaginare la situazione contraria, Livorno che finisce in
provincia di Pisa: siamo sicuri che i pisani avrebbero accolto l’idea
con simile entusiasmo? O piuttosto l’avrebbero rifiutata al pari di
questa, per non avere neppure “sotto” (figuriamoci “sopra”), l’enclave
cugina ? Potremmo, abbiamo detto, tirare fuori un po’ di tutto, ma in
realtà, pur avendo richiamato le varie questioni, non lo facciamo e le
lasciamo sullo sfondo, al dibattito: il nostro “no” (che non è un “no”
di posizione, cioè un “non vogliamo che si faccia”, ma un “no” de
facto, e quindi vale per “non si farà”) lo vogliamo legare al
concetto che esiste un limite a tutto. Ci hanno spento la passione per
il calcio, lo sport più bello e popolare. Da quanto era bello hanno
fatto videogiochi che tentavano di somigliargli in un tutto e per
tutto, compresi canti e cori del pubblico. Poi ad un certo punto,
hanno rovesciato le parti: il videogioco stesso è diventato modello,
ed hanno tagliato il calcio sulla misura di quello, ricavandone un
contenitore colorato e sgargiante ma privo di reale passione. Abbiamo
assistito a tutto questo impotenti, pur lottando ad ogni centimetro.
Ci giriamo attorno a vediamo tradizioni, ed usi, e costumi,
sacrificati sui vari altari: sicurezza, economicità, praticità,
futuro. Ma questa roba della Provincia no. Su questa aberrazione della
logica è il momento di alzare la testa e far capire che i nostri
Caronte, che ci stanno portando all’Inferno sulla barchetta, non
possono permettersi tutto. Esistono ancora cose non misurabili col
portafoglio, e non inquadrabili in bilancio: l’appartenenza,
l’orgoglio, le emozioni, le sensibilità, devono tornare protagoniste,
sono argomenti validi, parlano al cuore e allo stomaco della gente.
Sfuttiamo questa provocatoria proposta per far capire che la misura è
colma: con buona pace di chi su questo fa già i conti, di chi su
questo gode, e di chi ci guarda con le forbici in mano e il ghigno
insensibile del tecnocrate senza patria e senza affetti, Pisa non
diventerà provincia di Livorno. Fine della questione e del nostro
comunicato.


I GRUPPI ORGANIZZATI DELLA CURVA NORD “MAURIZIO ALBERTI”

PISA capoluogo di provinciaultima modifica: 2012-07-26T08:05:00+02:00da
Reposta per primo quest’articolo