I Penzieri der Cassisa

Paura di Volare

Bene, eccoci qua, dico sottovoce, e un gabbiano si volta a guardarmi un istante.
“Qua”. E’un parolone “qua”. ma qua dove?
Non lo so.
Non ne ho la minima idea.
La testa mi scoppia dal dolore.
Le orecchie mi fischiano e ho un milione di escoriazioni, sbucciature e ustioni
che mi bruciano tutto il corpo.
La sabbia e l’acqua del mare non aiutano di certo a farmi passare il dolore.
Anche il sole, fortissimo, contribuisce a bruciarmi la pelle.
Il gabbiano si avvicina saltellando curioso.
Sembra non avere mai visto un uomo. Non ha paura. Forse perchè sono immobile, disteso sul bagnasciuga.
Si avvicina un pò troppo.
Ahi! mi becca sulla spalla ! il mio grido lo spaventa e vola via.
Non se ne va proprio, ma si mantiene a distanza di sicurezza.
Forse ha trovato buono il sapore del mio sangue e il vedermi ancora immobile non l’ha scoraggiato.
Non ci provare bello. Vatti a cercare un bel pesce vai … che è meglio.
Un’onda più lunga delle altre mi ricopre senza forza.
L’acqua sulla testa mi provoca un certo sollievo, ma il bruciore esteso al resto del corpo mi fa gemere.
Il gabbiano strilla adesso.
Ma cos’hai da strillare ? Qui se c’è uno che deve strillare, sono io !
Provo a muovermi. Tutto il corpo mi duole, ma la fitta alla spalla sinistra è clamorosa.
Quasi riperdo i sensi dal dolore.
Esamino il mio corpo martoriato e con uno sforzo disumano riesco a far rientrare nella sua sede naturale la mia spalla, ferita più del resto.
Seduto di fronte al mare calmo. Mi volto. Palme e vegetazione fitta.
Ma cosa mi è successo ?
Come una coltellata in pancia mi rendo conto di essere solo.
Grido il nome dei miei bambini … provo ad alzarmi ma non riesco a stare in piedi … cado di faccia.
Istintivamente non utilizzo il braccio sinistro per proteggere il volto dalla caduta e il destro è debole.
ahhhhhhhh
dove sieteeeeee !!
piango a dirotto, grido. La mia voce è diventata animalesca.
Inconsciamente mi rendo conto che la mia mente ha il tempo di riflettere. Ma che voce ho ?
Mai avevo gridato in questo modo straziante.
Grido il nome di mia moglie, quello dei miei figli. Grido come un pazzo.
Adesso sì che il gabbiano è volato via.
Sono solo. Almeno credo.
Nessun rumore. Le mie orecchie fischiano ancora.
Un boato mentre eravamo in volo tranquilli.
Il grande seduto vicino al finestrino, accanto a me, che fotografava quella minuscola isoletta sotto di noi.
In mezzo al mare. Forse sono proprio lì adesso.
Era tutto eccitato.
Piango piango piango. Non mi do pace.
Dove sieteeeee !!
Dietro di noi mia moglie e il piccolo che ronfava beato vicino a lei che leggeva il suo libro felice.
Il boato e poi il vento fortissimo mi ha scaraventato non so dove.
Ho volato perdendo la cognizione del tempo, dello spazio, fino a quando non mi sono risvegliato qui.
Guardo verso il mare. Noto delle cose galleggiare. Vestiti, borse, cose colorate.
Come faccio ad essere vivo ?
Perchè proprio io ?
Dovrei essere felice, dovrei ritenermi fortunato.
Sono disperato. Dov’è la mia famiglia ?
Sono morti tutti ?
Anch’io voglio morireeeeeeeeeee.

Ahh
il dolore alla spalla mi risveglia.
Adesso il sole è meno forte.
Ma quanto tempo sono rimasto privo di sensi ?
boh!?
Le orecchie fischiano sempre. Un pochino meno. Fischiettano.
Incredibile. Rifletto nuovamente sul fatto che in qualsiasi situazione uno si trovi,
la mente procede per conto suo. Adesso gli va di fare la spiritosa. Ho le orecchie che fischiettano.
Intorno a me sento solo il rumore del mare e di uccelli provenire dall’interno di quest’isola.
L’isola mi sembra davvero piccola. Poco più di uno scoglio. Ne vedo il contorno.
Il panico mi assale nuovamente.
Oddioddioddioddio
ma dove sono ?
Perchè non sono morto anch’io …
malgrado la disperazione, l’istinto di sopravvivenza, mi spinge ad alzarmi, a esaminare il mio corpo.
A parte il dolore martellante alla spalla, mi pare di essere solo ferito, un pò ovunque, ma forse non sono grave.
Istintivamente penso : che culo che ho avuto.
Ma culo di che ?
Ma come puoi pensare di essere stato fortunato ?
Fortunato sarei stato se fossi arrivato serenamente a destinazione, non ricordo nemmeno dove stavamo andando, con la mia famiglia, felici di stare tutti insieme.
Che culo …
che culo se fossi qui coi miei bimbi e mia moglie, sdraiati al sole, in vacanza.

Un rumore attira la mia attenzione.
Sembra un gatto. un gatto ?  Cosa ci fa un gatto qui ?
Piano piano, barcollando, mi avvicino alla vegetazione.
Non è un miagolio. E’ piuttosto un lamento.
La mia mente nuovamente divaga. Bello questo posto. Sì bello … e che culo eh?
Addentrandomi mi rendo conto che questa isoletta è davvero piccola.
Dalla vegetazione si intravede nitidamente il mare di là dalle palme. Da tutte le parti.
Il lamento si sente più forte adesso. Sì è un lamento. Ma da dove viene.
I miei timpani feriti non mi aiutano.
Mi pare venga dall’alto.
Alzo la testa … noci di cocco … palme … sole che filtra dalle foglie.
Immobile, cerco di concentrarmi. Silenzio.
Disperato, provo nuovamente a chiamare i miei figli, mia moglie.
Il mio grido fa volare via dei coloratissimi uccelli …. che belli, pensa la mia mente estranea.
Il fischio alle orecchie copre qualsiasi rumore che non sia un pò più forte.
un pianto disperato segue al mio grido … adesso lo sento bene.
Alzo gli occhi
ahhhh topino mioooooo
sono babbooooooo arrivo a salvarti amore resisti !!
mio figlio grande, tutto sanguinante con la faccia gonfia e rossa, incastrato tra le foglie di una palma.
Come cazzo ci arrivo lassù io adesso ?
Piange lui, adesso che mi ha visto, sfoga la sua disperazione.
Piango anch’io, di gioia, di dolore.
Il panico mi avvolge nuovamente. non so come salire lassù. sto a malapena in piedi e la palma è alta.
Il mio bimbo ha gli occhi chiusi, gonfi, adesso mi chiama. perchè non lo tiro giù ?
Gli chiedo se riesce a muoversi
dice di no piangendo
Provaci topino … piano piano … ti prendo io. Prova a lasciarti cadere. Ti prendo io.
Ha paura
Ma come hai paura. Sei volato giù da un aereo, non puoi saltare da una maledetta palma ?
Si convince. prova ad aprire gli occhi. Gli fanno male.
Oddio che pena.
All’improvviso salta giù e mi cade addosso.
Svengo nuovamente dal dolore.

babbo … babbo … babbo …
Una voce amata e familiare mi sveglia dal torpore dell’ennesimo svenimento.
Sdraiato con la faccia rivolta verso l’alto, riapro gli occhi.
Mio figlio, sopravvissuto alla tragedia, è sdraiato abbracciato a me.
Ha smesso di piangere.
E’ triste e dolorante.
mi chiede dove sono la sua mamma e il suo fratellino.
Non lo so dove sono. Forse non sono stati fortunati come noi.
E sì, adesso siamo in due e siamo fortunati. Tutti e due.
Il mio piccolo è con me adesso. Non è più solo in cima a una palma in mezzo al mare chissàdove.
E’ col suo babbo.
Ora sono più determinato che disperato.
Ci alziamo, ci rimbocchiamo le maniche, ci lecchiamo le ferite e ci diamo da fare.
Forza ragazzo. Dipende tutto da noi. Siamo salvi, feriti ma guariremo. Aiutiamoci e mettiamoci al lavoro.
Abbiamo molte cose da fare per sopravvivere su questo scoglio verde in mezzo al mare.

Non so cosa ci attende.
Chissà se sopravviveremo a questa tragedia.
Se qualcuno oltre a noi si sarà salvato.
Se il resto della mia famiglia sarà ancora vivo.
Se qualcuno verrà mai a riprenderci.
Se ci ricongiungeremo mai.

Abbraccio mio figlio che mi sorride piangendo e penso che siamo stati disgraziatamente fortunati.

Paura di Volareultima modifica: 2010-05-08T07:43:03+02:00da
Reposta per primo quest’articolo